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Spinte gentili verso comportamenti sostenibili

LE SCIENZE COMPORTAMENTALI COME STRUMENTO IRRINUNCIABILE PER L’AGIRE SOSTENIBILE

Le Scienze Comportamentali come strumento irrinunciabile per l’Agire Sostenibile

Uno degli aspetti più sfidanti dell’agire sostenibile è che riguarda i comportamenti delle persone. Partiamo da un dato: circa il 40% di ciò che facciamo ogni giorno, nella nostra vita e nel nostro lavoro, è frutto di abitudini e decisioni che prendiamo in maniera automatica e ben poco consapevole. E anche nelle attività che ci sembrano pienamente sotto il nostro controllo, c’è sempre una parte – una grossa parte – del processo decisionale che è guidata da scorciatoie, schemi mentali, convinzioni e automatismi di varia origine. Siamo fatti così, non c’è da biasimarci. L’evoluzione ha premiato la nostra capacità di reagire rapidamente in ambienti complessi e rischiosi, sfruttando, per così dire, una modalità di ‘risparmio energetico’. Se, da un lato, questo ci permette di non rimanere paralizzati dalla mole di informazioni da processare, dall’altro sacrifica una certa parte di affidabilità, appropriatezza e razionalità dei nostri comportamenti.
Per esempio, tendiamo a essere molto concentrati sul ‘qui e ora’, tralasciando le conseguenze più a lungo termine di ciò che facciamo (il “bias del presente”). Valutiamo i rischi spesso più in funzione di come ci vengono presentate le informazioni (un effetto noto come “framing”), che delle reali probabilità e impatti in gioco (siamo pessimi nel calcolo probabilistico e nella visione a
lungo termine). Siamo difficili da convincere e andiamo costantemente alla ricerca di prove che confermino ciò di cui siamo già sicuri, trascurando e sottovalutando tutto ciò che potrebbe mettere in discussione il nostro modo di pensare (il celebre “bias di conferma”, implicato anche nella propagazione di fake news).

Insomma, siamo molto più simili al pigro e sciatto Homer Simpson, personaggio della celebre serie televisiva The Simpson che al logico e iper-razionale Mister Spock, della saga di Star Trek.

Il punto è che, anche quando siamo animati dalle migliori intenzioni, è facile che disattendiamo i ‘buoni propositi green’ per la difficoltà di modificare le nostre abitudini, per distrazione, dimenticanza o per il conflitto con altre priorità. A riprova di ciò, una ricerca condotta nei Paesi Ocse ha dimostrato che  una  percentuale  compresa tra il 70 e l’80% degli intervistati si dichiara informato e favorevole al consumo sostenibile, ma solo una piccola minoranza – tra il 3% e il 5% – sottoscrive, per esempio, contratti per fornitura di energia da fonti rinnovabili o acquista prodotti a ridotto impatto ambientale. Come fare allora per supportare le persone nel colmare quello che viene tecnicamente definito come ‘gap intenzione-a- zione’ rispetto a comportamenti sostenibili?

Nudge per promuovere comportamenti sostenibili

Un aiuto importante ci viene dalle Behavioral Science – le Scienze Comportamentali – ovvero il complesso di discipline che studia come e perché gli esseri umani prendono le proprie decisioni ogni giorno e quali leve si possono agire per influenzarle. Nello specifico, un approccio che – negli ultimi anni – ha dato prova di buona efficacia quando si trat- ta di orientare le scelte delle persone è quello del ‘nudging’.

Il concetto di nudge è stato sistematizzato da Richard Thaler che, per il suo lavoro, ha ricevuto il premio Nobel per l’Economia nel 2008. Questa teoria – che possiamo tradurre come “spinta gentile” – è un intervento che ha l’obiettivo di influenzare il comportamento delle perso- ne agendo sul contesto – la cosiddetta architettura della scelta – entro cui prendono le proprie decisioni, senza forzarle o obbligarle in alcun modo e senza far ricorso a premi o incentivi economici. Si tratta in sostanza di ‘pungoli’ che hanno lo scopo di stimolare le persone a adottare comportamenti virtuosi – nel nostro caso, più sostenibili – senza privarle della libertà di scelta.

Esistono numerosi framework per ideare interventi di ‘nudging’: uno dei più celebri è il modello che deriva da quattro princìpi fondamentali attraverso cui è possibile influenzare il comportamento umano: Easy, attractive, social e timely (East).

MAKE IT EASY

Gli esseri umani sono tendenzialmente pigri e, come anticipato, tendono a seguire il percorso di minima resi- stenza. Più rendiamo i comportamenti sostenibili facili e immediati da agire, più è probabile che vengano adottati. Una delle tattiche in questo senso consiste nel modificare quella che è definita “opzione di default”.

L’esempio che conosciamo tutti è la celebre targhetta nei bagni delle camere d’albergo: se non vuoi che l’asciugamano venga cambiato, riponilo sul porta-asciugamani, cioè dove lo metti di solito automaticamente. L’opzione di default è quella sostenibile.

Allo stesso modo, se vogliamo ridurre il consumo di carta all’interno di un ufficio, uno degli interventi più semplici ed efficaci consiste nell’impostare la stampa fronte-retro come settaggio predefinito della stampante, lasciando all’utente l’onere di modificarlo qualora preferisca la stampa su una sola facciata. Alcuni studi, infatti, hanno dimostrato che questo intervento – da solo – è in grado di ridurre il numero di fogli stampati del 44%. Un bel risulta- to, considerando che si tratta di una misura a costo zero e alla portata di qualunque azienda.

Un nudge basato sulla modifica dell’opzione di default verrà sfruttato nei prossimi mesi anche da Google: per ridurre l’impatto ambientale delle auto, infatti, l’azienda ideatrice dell’omonimo motore di ricerca e dell’Applica- zione Google Maps, utilizzerà, nel suo navigatore i Big Data di cui dispone per suggerire agli utenti – come opzione predefinita – il percorso a minori emissioni, a parità di durata. Un miglioramento sicuramente piccolo per il singolo automobilista, ma che, moltiplicato per i milioni di utenti quotidiani dell’applicazione, produrrà un impatto misurabile.

MAKE IT ATTRACTIVE

Più rendiamo un comportamento interessante, attraente o – in qualche modo – memorabile, più è probabile che le persone lo adottino. Un famoso studio per incentivare a utilizzare le scale ‘ordinarie’ invece di quelle mobili èstato condotto in una metropolitana, dove le prime sono state sostituite con la tastiera di un gigantesco pianoforte, in grado di suonare a ogni passo. Il risultato è stato un aumento di oltre il 60% delle persone che hanno scelto questa opzione.

Un altro modo per sfruttare questo principio consiste nel fornire informazioni o feedback ad alto impatto sui propri comportamenti. Per esempio, in alcuni studi, tra- sformare la quantità di inquinanti emessa dal consumo di energia – poco significativa a livello emotivo – nei corrispondenti effetti negativi generati sulla salute dei bambini, paragonandoli a patologie e sintomi noti, ha prodotto un’attivazione emotiva, specialmente nelle famiglie con figli, portando a una riduzione dei consu- mi di oltre il 10%.

Un ulteriore esempio lo abbiamo visto in questi ultimi anni con la diffusione sempre maggiore delle borracce: la possibilità di personalizzarle e scegliere tra un’infinità di modelli ha portato a un’esplosione nell’uso di uno stru- mento banale, che esiste da sempre.

MAKE IT SOCIAL

Siamo animali sociali – anzi, tribali – e ciò che fanno gli altri influenza costantemente le nostre decisioni: una parte importante della nostra identità, infatti, deriva dai gruppi cui sentiamo di appartenere e nei cui valori, sentimenti e pratiche ci riconosciamo. La stessa citata borraccia è diventata una sorta di simbolo identitario in questo senso, che comunica agli altri “io uso la borraccia, quindi sono green”.

Un meccanismo fondamentale dell’influenza sociale, poi, è il confronto. Tendiamo a essere sensibili a ciò che fa la maggioranza delle persone o a quello che fa chi riteniamo in qualche modo ‘simile’ a noi. Per esempio, introdurre in bolletta un grafico che confronti i consumi dell’utente con quelli delle famiglie del vicinato, abbinandolo anche a un emoticon (rendendolo attrattivo) che sintetizza il livello di attenzione all’ambiente dei propri stili di vita, ha dimostrato di poter ridurre i consumi fino al 2% su un campione molto significativo. Il confronto sociale si può introdurre anche su piccola scala: cartelli esposti negli uffici con su scritto “il 90% dei tuoi colleghi spegne la luce quando esce da questa sala. E tu?” possono portare a un significativo cambiamento delle abitudini.

Quando si usa il confronto sociale, tuttavia, occorre pre- stare attenzione a non dare salienza a comportamenti negativi, perché il rischio è quello di ottenere l’effetto opposto. È divenuto celebre il caso di un cartello affisso in un parco naturale negli Stati Uniti che recitava: “Molte persone, nel tempo, hanno sottratto frammenti della foresta pietrificata, deturpando il paesaggio. Non farlo!”. In questo caso, evidenziando il fatto che “molte persone” si erano portate a casa un souvenir, si è in qualche modo normalizzato il comportamento negativo e l’effetto è stato un aumento dei furti di quasi quattro volte rispetto al periodo precedente quella comunicazione.

MAKE IT TIMELY

Più riusciamo a essere tempestivi e a dare indicazioni precise sui comportamenti corretti just in time, più è probabile che siano efficaci. Per esempio, porre dei cartelli che spiegano l’importanza e l’impatto del corretto riciclo dei rifiuti è molto più efficace se i messaggi sono posizionati vicino ai cestini, ovvero proprio laddove la decisione viene presa. Ancora, sempre in tema di rifiuti, se sappiamo che in una sala break tendenzialmente le persone tenderanno a produrre rifiuti di plastica, conviene posizionare bidoni per la raccolta differenziata molto più grandi ed evidenti di quelli destinati ad altri materiali. In alcuni studi, questo semplice accorgimento ha portato ad aumentare il tasso di corretta separazione fino al 97%.

Un ultimo esempio, visto personalmente in un piccolo centro abitato italiano, riguarda il mantenimento dei limiti di velocità. Cartelli elettronici che, invece di ‘rim- proverare’ l’automobilista per il superamento dei limiti, lo ringraziano con uno smile sorridente se li rispetta, fanno leva su meccanismi di gratificazione che hanno anche l’effetto di sorprendere positivamente, invece di suscitare reazioni negative.

Il nudging, naturalmente, non è ‘l’arma di fine di mondo’ del Dottor Stranamore, protagonista dell’omo- nimo film di Stanley Kubrick. La sua efficacia dipende da un’analisi meticolosa e competente del reale con- testo decisionale entro cui le persone agiscono, che dev’essere realizzata da professionisti attraverso stru- menti, metodologie e approcci specifici e rigorosi. Lo stesso intervento, infatti, se implementato in contesti diversi, può rivelarsi completamente inefficace, quando non controproducente.

Tuttavia, il contributo delle Scienze Comportamentali e del nudging è irrinunciabile nell’ottica di ‘agire la sostenibilità’, perché permette di generare un impatto positivo con interventi a costo ridotto, sperimentabili ovunque e basati su un approccio scientifico ed evidence-based. Parafrasando Richard Thaler, “We can’t solve the sustainability challenge with nudging, but we can’t solve it without nudging”.

 

Di Alex Zanon, Behavioral Science & Change Management Consultant di SCS Consulting

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