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Contro le buone intenzioni. L’ombra del moralismo sulle attività D&I delle organizzazioni

Articolo Contro le buone intenzioni

“Diversity & Inclusion nelle Organizzazioni: Superare le Obiezioni e Focalizzarsi sui Risultati”

Esaminiamo il tema della Diversity & Inclusion (D&I) all’interno delle organizzazioni, analizzando l’ombra del moralismo spesso associata a tali attività. I dati indicano che interventi mirati all’inclusione aziendale non solo potenziano l’innovazione e la collaborazione, ma contribuiscono anche a migliorare le performance economiche. Inoltre, la reputazione di un brand per la sua inclusività sta diventando sempre più influente nelle decisioni d’acquisto dei consumatori, specialmente tra le nuove generazioni.

In breve, investire nella Diversity & Inclusion si traduce in vantaggi tangibili.

Sorge una domanda: se è così vantaggioso, perché non tutte le aziende si impegnano in questa direzione? Una delle obiezioni comuni è che molte organizzazioni sembrano adottare l’inclusività solo quando è di moda o vantaggiosa dal punto di vista reputazionale.

Tuttavia, affrontiamo la realtà: nella vita quotidiana, spesso agiamo seguendo la corrente, influenzati dalle tendenze o dalla necessità di adattarci all’ambiente circostante. Pertanto, è fondamentale chiedersi se l’intenzione di perseguire la D&I debba necessariamente essere virtuosa. Kant potrebbe sostenerlo, ma nel contesto aziendale, dove l’attenzione è principalmente focalizzata sui risultati, l’approccio è diverso.

Mentre Kant sosteneva che le cose giuste dovessero essere fatte perché erano giuste, gli amministratori delegati concentrano la loro attenzione esclusivamente sui risultati. Nonostante ciò, nessuno sembra contestare questa priorità, poiché è universalmente accettato che per fare business, è essenziale ottenere risultati. La storia ci insegna che per raggiungerli, sono state adottate azioni buone, cattive, creative e distruttive.

Oggi, le organizzazioni si trovano a dover affrontare anche il benessere delle persone appartenenti a minoranze. Per ragioni storiche e sociali, prendersi cura del benessere di queste persone può effettivamente contribuire a raggiungere risultati aziendali. La mano invisibile del mercato, si spera, farà il resto.

Tuttavia, quando si tratta di iniziative di Diversity & Inclusion, sorge spesso l’obiezione: “Le ragioni per cui fai queste iniziative sono sbagliate”. Una strana enfasi sulle intenzioni piuttosto che sui risultati. Ma perché dovrebbe essere così importante il motivo per cui si intraprende un’azione di D&I? Le azioni, non le intenzioni, portano a risultati concreti.

Le organizzazioni che si impegnano sinceramente verso l’inclusione cercano di migliorare con iniziative concrete. Non è una questione di buone intenzioni, ma di risultati. Le azioni producono effetti indipendentemente dall’intenzione, e le organizzazioni devono concentrarsi sulle azioni che generano risultati tangibili.

In conclusione, le obiezioni sensate alle politiche di D&I sono simili a quelle fatte per qualsiasi altra iniziativa aziendale: deve avere successo, non può avere conseguenze negative, deve avere un buon rapporto costi-benefici. Tutte le considerazioni morali spesso associate a questi temi sono, in ultima analisi, chiacchiere. Se tutti coloro che si occupano di D&I fossero orientati solo ai risultati, avremmo aziende più inclusive.

Di Daniele Scollo

 

 

 

 

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